PB — Non riesco a fotografare con lo smartphone e lo considero un mezzo errato per la mia pratica, avendo sempre il bisogno di avere il pieno controllo di quello che è lo scatto, dell’esposizione, della profondità di campo e del movimento. Quando scatto con le pellicole in formato più ampio, il soggetto ha solitamente un ingombro importante e con esso si produce un dialogo diretto, fisico. Le tempistiche dilatate, il dover analizzare a fondo lo scatto prima di realizzarlo, costringono a creare una relazione con il soggetto e il contesto da ritrarre. L’individuo e il paesaggio si fondono. La fotografia mette tutto e tutti sullo stesso piano.
Avere il pieno controllo sia della scena che del mezzo che utilizzo è fondamentale e per questo preferisco lo scatto su pellicola. Non è una questione estetica: ha più a che fare con un desiderio di lentezza. I tempi diventano più intimi e dilatati. Inoltre, gli scatti analogici sono limitati, costosi e la loro riuscita dipende massimamente dal controllo dell’uomo sul processo e sulla tecnologia, il che li rende preziosi. Ai dispositivi di ultima generazione preferisco macchine fotografiche semplici e senza funzionalità superflue. Alla base della fotografia c’è la luce, catturata attraverso un buco in un intervallo di tempo ragionato. È molto più semplice di quanto si pensi, tutto sta nella fase di costruzione e progettazione.